Landscape machines
Each time we approach a place, for whatever reason, some decision has to be taken on how to face or traverse it. Many times we decide to follow a predefined path planned by someone else. The path, freely chosen or not, will influence our representation of the place in both the intensional and extensional planes. The ambiguity of the participant's experience is the main obstacle in achieving such a thing. Historically the problem has been eluded either imposing a strict set of choices among the many possible paths either by the aid of some social constraints.A case worth studying are the places where the paths have been planned in a way to achieve some kind of aesthetic experience in the participant. It is the case of the gardens, of the Palladio's villas and, to get to our times, land art and landscape design.
So what I named a "landscape machine" is a place, shaped in a way to generate a controlled succession of views and emotions.
An historical attempt in building up a "landscape machine", albeit not strictly intentional in all the above aspects, is that of the "Sacri Monti" (literally sacred mountains). They were built in middle mountain areas of Lombardy and Piedmont between 1500 and 1700. In those places the architect, that frequently was also a religious, attempted to use the space and aesthetic experience of the participant so to achieve a strong religious feeling (landscapes of faith so to say).
A "Sacro Monte" is generally made of several stations, each one has a statuary set up depicting an episode of Christ's or Mary's life. Each station was connected with the other ones with a bordered, delimited, path. In the first realizations the path was merely a protected connection. Progressively it evolved in a succession of curves and ascents obtained by the remake of the hosting hillside, conducting the participant till the last station. The the epilogue may vary upon the main character: the Ascension in Christ's case or the Assumption in Mary's case.
The complex was aimed in reminding to the participant the fatigue, the pain needed to achieve the final reward (uphill) in the forthcoming afterlife. Each station is also a place offering a rest for the body, for the “soul” and for the eyes. Opening to a larger view of the surrounding country and offering a delicate architectural composition made of openings and closures. The positioning of the curves along the path creates a liminal transition from a station to the next, preparing the mood for the forthcoming revelation.
Along the connections with each station and from the stations themselves, statues and artifacts, carefully positioned, constrain the gaze with the aid of a clever use of the perspective axioms.
Interestingly if the "Sacri monti" were built as a path for the rescue of the soul, the "Ospedale Morelli, ex Villaggio Sanatoriale (formerly) Benito Mussolini" was also conceived as a set of trails for the rescue and restoration of the body, and, not last, the formation of the new Italians, an attempt that in the thirties and twenties fascism was at.
The cure for tuberculosis, before the pills age, was thought to require an alternation of rest and activities mainly made of short walks and breathing good air. The duration of the treatment, frequently more than six months, allowed, in the patient, the formation of a daily ritual related to the new place and its representation. The exceptional condition of the experience did favor the detachment from the everyday geography to form a new one albeit only for the time of the cure. The place has been the subject of a movie by Vittorio De Sica "La breve vacanza" (the short vacancy) that tells the story of a love grown in this sort of vacancy of the spirit.
The new Italian , instead, confronted itself with the metaphysic idea of the industrious city and a life of ordered labor, represented in various forms and parts of the complex. The epilogue was that while the fight against tuberculosis was, in many cases, successful, that of forming the new Italians was instead a deadly failure. Tuberculosis was finally eradicated by the antibiotics, in the sixties, making sanatoriums obsolete. The new Italians, instead, became obsolete long before.
But to close down I think it may be useful to present a case where the landscape machine has been derived, instead of being given. While in the case of the "Sacri Monti" or the "Villaggio Sanatoriale" the setups were realized top down, a priori so to say, here the trail was made bottom up by the frequent use and number of the walkers. The number and frequency of the visits creates a sort of social constraint incorporated in to the trail.
It is the case described in this post by Mark Meyer where he depicts a sort of ritual, in approaching a frequently pictured landscape subject. A path going from the parking lot to the exact same view point some photographers of fame took a shot of the same thing. It comes clear how the whole setup, parking lot included, progressively grew to accommodate more and more people looking for a photographic inspiration from a notorious subject.
The path walk, the ritual, in this case, is aimed at an other kind of salvation, that of the happiness in vacation and photography, unfortunately, I suspect, it is also a good starting point for a holiday blues.
Macchine paesaggistiche
Ogni volta che ci avviciniamo a un luogo, per qualsiasi motivo, dobbiamo prendere una qualche decisione su come affrontarlo o attraversarlo. Spesso si decide di seguire un percorso predefinito progettato da qualcun altro. Il percorso, scelto liberamente o meno, influenzerà la nostra rappresentazione del luogo sia sul piano intensionale sia su quello estensionale. La soggettività dell'esperienza del partecipante è il principale ostacolo da affrontare in questi casi. Storicamente il problema è stato eluso sia imponendo una rigida serie di scelte tra i molti percorsi possibili sia con l'ausilio di alcuni vincoli sociali. Un caso da studiare sono i luoghi dove i percorsi sono stati progettati in modo da raggiungere un qualche tipo di esperienza estetica del partecipante. E' il caso dei giardini sei/settecenteschi, delle ville del Palladio e, per arrivare ai nostri tempi, la land art e la costruzione del paesaggio.Quindi quello che ho chiamato una "macchina paesaggistica" è un luogo, formato in modo tale da favorire la generazione di una successione controllata di vedute e di emozioni.
Un tentativo storico nella costruzione di una "macchina paesaggistica", anche se non strettamente intenzionale in tutti gli aspetti di cui sopra, è quello dei "Sacri Monti", costruiti in zone di media montagna della Lombardia e del Piemonte tra il 1500 e il 1700. In quei luoghi l'architetto, che spesso era anche un religioso, ha cercato di utilizzare lo spazio e l'esperienza estetica del partecipante in modo da ottenere un forte sentimento religioso (per generare paesaggi della fede, per così dire).
Un "Sacro Monte" è generalmente composto di diverse stazioni, ognuna delle quali dispone di un insieme statuario raffigurante un episodio della vita di Cristo o di Maria. Ogni stazione è collegata con le altre da un percorso delimitato. Nelle prime realizzazioni il percorso era semplicemente una connessione protetta. Progressivamente si è evoluto in un susseguirsi di curve e salite ottenute ricostruendo la collina ospite fino a condurre il partecipante all'ultima stazione. L'epilogo può variare in base alle personaggio principale: Ascensione nel caso di Cristo o l'Assunzione nel caso di Maria.
Il complesso è stato finalizzato nel ricordare al partecipante la fatica, il dolore necessario per ottenere la ricompensa finale (in salita) nel dopo vita terreno. Ogni stazione è anche un luogo che offre un riposo per il corpo, per l '"anima" e per gli occhi anche tramite l'apertura a una veduta sul paese circostante accompagnata da una delicata composizione architettonica di aperti e chiusi. Il posizionamento delle curve lungo il percorso crea una transizione liminale da una stazione all'altra, preparando l'atmosfera per la prossima rivelazione.
Lungo i collegamenti con tutte le stazioni e nelle stazioni stesse, statue e manufatti accuratamente posizionati costringono lo sguardo con l'aiuto di un abile uso degli assiomi della prospettiva.
Interessante notare che se i "Sacri Monti" sono stati costruiti come un percorso salvifico per l'anima, lo "Ospedale Morelli, ex Villaggio Sanatoriale (ex) Benito Mussolini" è stato concepito come un insieme di percorsi per il salvataggio e la ricostituzione del corpo, e, non ultimo, la formazione dei nuovi italiani, un tentativo che negli anni trenta e venti fu al centro degli interessi del fascismo.
La cura per la tubercolosi, prima dell'età delle pillole, è stata pensata per richiedere un alternanza di riposo e di attività, consistente, principalmente, in brevi passeggiate respirando aria buona ed esposizione alla stessa, a rigoroso riposo. La durata del trattamento, spesso più di sei mesi, ha consentito, nel paziente, la formazione di un rituale quotidiano legato alla nuova sede e la sua rappresentazione. L'eccezionalità dell'esperienza ha favorito il distacco dalla geografia di tutti i giorni per formarne una nuova anche se solo per il tempo della cura. Il luogo è stato oggetto di un film di Vittorio De Sica "La breve vacanza" che racconta la storia di un amore cresciuto in questo tipo di vacanza dello spirito.
Il nuovo italiano, invece, fu messo a confronto con l'idea metafisica della città operosa e una vita di lavoro ordinato, rappresentato in varie forme e parti del complesso. L'epilogo fu che, mentre la lotta contro la tubercolosi è stata, in molti casi, di successo, quella di formare i nuovi italiani è stato invece un fallimento mortale. La tubercolosi è stata finalmente debellata dagli antibiotici, negli anni sessanta, rendendo obsoleti i sanatori. I nuovi italiani, invece, diventarono obsoleti molto prima.
Per chiudere penso possa essere utile presentare un caso dove la "landscape machine" è stata derivata, piuttosto che data. Mentre nel caso dei Sacri Monti o del Villaggio Sanatoriale gli scenari vennero realizzati top down, a priori per così dire, il sentiero, qui, è stato fatto dall'uso frequente e dal numero dei camminatori. In questo caso la frequenza e il numero delle visite ha creato un vincolo sociale incorporato nel sentiero.
E' il caso affrontato in questo post dove Mark Meyer descrive una sorta di rituale nell'approcciare un soggetto paesaggistico ritratto soventemente. Un cammino che va dal parcheggio fino allo stesso punto in cui alcuni fotografi famosi hanno tratto, dalla medesima veduta, fotografie divenute oggetti artistici. E' chiaro che l'intera scenografia, parcheggio incluso, è cresciuta progressivamente per accomodare sempre più gente alla ricerca di ispirazioni fotografiche da un soggetto noto.
Il cammino, il rituale, in questo caso è orientato ad altra salvazione, quella della felicità in vacanza e in fotografia, sfortunatamente, io sospetto che sia anche un buon punto di partenza per una depressione da vacanze.