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Complexity in landscape
Despite the general rule that wants the project come first in the last years I have, frequently, tested some ideas assembling pictures before they got to the resemblance of a well defined project. One of these projects is about the liminal places, grown from my observations of the way in which the city of Milan goes on expanding in the south (/east,/west).
The urban expansion progresses occupying sparse spots that get filled up in time by a progressive division of the available space by roads or other connecting infrastructures. The remnants of this division lies there either as memories of the previous space either waiting to be part of the next landscape building plan. One may be tempted to expect this to be a geometrical progressive process. The linearity of the process, though, is broken by the the distribution of the private property, as it got configured along the time, by the persistence other human activities favoured by the richness of the soil and the need to preserve some kind of place identity. These are just few of the many factors coming into play. This is the way in which suburban spaces, as they are also called, reshape. The pace of the changes in those spaces is quite fast. Understanding, albeit partially, the dynamics of what is going on really gives and idea of what complexity in landscape formation is.
But complexity is also something that has always been considered evil in landscape image making (and, perhaps, at large, in all our western culture). It seems that the picturesque requires some simplifications to be successfully carried out. If I had to characterize most of the contemporary landscape photography I would certainly ground it into the cultural clash against complexity.
Those of you interested in complexity studies applied to landscape understanding may find some interesting insights from these "Spatial Complexity Lectures" made by Michael Batty.
La complessità nel paesaggio
Nonostante la regola generale che vuole che il progetto venga prima negli anni scorsi ho, spesso, verificato alcune idee assemblando immagini prima che raggiungessero lo stato di un progetto ben definito. Una di questi progetti riguarda gli luoghi liminali, cresciuto dalle mi osservazioni sul modo con cui la città di Milano si espande a sud (/est, /ovest).
L'espansione urbana procede occupando macchie sparse che vengono riempite nel tempo da una progressiva suddivisione dello spazio disponibile da strade o altre strutture di interconnessione. I resti della divisione giacciono sia come memorie dello spazio precedente sia in attesa di divenire parte del prossimo piano di costruzione paesaggistica. Si potrebbe essere tentati di paventare un processo geometricamente progressivo. La linearità del processo tuttavia è rotta dalla distribuzione della proprietà privata, cosi come si è configurata nel tempo, dalla persistenza di attività umane favorite dalla ricchezza del suolo e dalla necessità di preservare una qualche identità dello spazio. Questi sono solo alcuni dei fattori che entrano in gioco. Questo è il modo con cui gli spazi "suburbani" cambiano. Il ritmo del cambiamento in quegli spazi è piuttosto veloce. Capirne, seppur parzialmente, la dinamica da realmente una idea di cosa sia la complessità nella formazione del paesaggio.
La complessità però è anche una cosa che è sempre stata considerata un qualcosa di malvagio nella produzione di immagini di paesaggio (e forse in generale nella cultura occidentale). Sembra che il pittoresco richieda semplificazioni per essere conseguito con un qualche successo. Se dovessi caratterizzare molta della fotografia contemporanea di paesaggio mi baserei certamente nello scontro culturale con la complessità.
Chi è interessato negli studi sulla complessità applicati al paesaggio può trovare alcui interessanti spunti da queste "Spatial Complexity Lectures" di Michael Batty