A blog about my landscape image making. On landscape imaging in general, bits of history and related disciplines (Architecture, Geography, Neuro Science, Philosophy and whatever happens to get my attention)
2011-12-22
pmc #11. Seasonal roundabout
Zibido San Giacomo, Milan, Italy
pmc is an abbreviation for Post Modern Condition. A previous, similar, seasonal roundabout post is here.
pmc è una abbreviazione di Post Modern Condition (condizione post moderna). Qui trovate un post simile su una rotonda di stagione.
Best wishes / Auguri
2011-11-23
Interstitial #10. City borders south east Milan
Click the images for a larger view / click sull'immagine per ingrandire
Complexity in landscape
Despite the general rule that wants the project come first in the last years I have, frequently, tested some ideas assembling pictures before they got to the resemblance of a well defined project. One of these projects is about the liminal places, grown from my observations of the way in which the city of Milan goes on expanding in the south (/east,/west).
The urban expansion progresses occupying sparse spots that get filled up in time by a progressive division of the available space by roads or other connecting infrastructures. The remnants of this division lies there either as memories of the previous space either waiting to be part of the next landscape building plan. One may be tempted to expect this to be a geometrical progressive process. The linearity of the process, though, is broken by the the distribution of the private property, as it got configured along the time, by the persistence other human activities favoured by the richness of the soil and the need to preserve some kind of place identity. These are just few of the many factors coming into play. This is the way in which suburban spaces, as they are also called, reshape. The pace of the changes in those spaces is quite fast. Understanding, albeit partially, the dynamics of what is going on really gives and idea of what complexity in landscape formation is.
But complexity is also something that has always been considered evil in landscape image making (and, perhaps, at large, in all our western culture). It seems that the picturesque requires some simplifications to be successfully carried out. If I had to characterize most of the contemporary landscape photography I would certainly ground it into the cultural clash against complexity.
Those of you interested in complexity studies applied to landscape understanding may find some interesting insights from these "Spatial Complexity Lectures" made by Michael Batty.
La complessità nel paesaggio
Nonostante la regola generale che vuole che il progetto venga prima negli anni scorsi ho, spesso, verificato alcune idee assemblando immagini prima che raggiungessero lo stato di un progetto ben definito. Una di questi progetti riguarda gli luoghi liminali, cresciuto dalle mi osservazioni sul modo con cui la città di Milano si espande a sud (/est, /ovest).
L'espansione urbana procede occupando macchie sparse che vengono riempite nel tempo da una progressiva suddivisione dello spazio disponibile da strade o altre strutture di interconnessione. I resti della divisione giacciono sia come memorie dello spazio precedente sia in attesa di divenire parte del prossimo piano di costruzione paesaggistica. Si potrebbe essere tentati di paventare un processo geometricamente progressivo. La linearità del processo tuttavia è rotta dalla distribuzione della proprietà privata, cosi come si è configurata nel tempo, dalla persistenza di attività umane favorite dalla ricchezza del suolo e dalla necessità di preservare una qualche identità dello spazio. Questi sono solo alcuni dei fattori che entrano in gioco. Questo è il modo con cui gli spazi "suburbani" cambiano. Il ritmo del cambiamento in quegli spazi è piuttosto veloce. Capirne, seppur parzialmente, la dinamica da realmente una idea di cosa sia la complessità nella formazione del paesaggio.
La complessità però è anche una cosa che è sempre stata considerata un qualcosa di malvagio nella produzione di immagini di paesaggio (e forse in generale nella cultura occidentale). Sembra che il pittoresco richieda semplificazioni per essere conseguito con un qualche successo. Se dovessi caratterizzare molta della fotografia contemporanea di paesaggio mi baserei certamente nello scontro culturale con la complessità.
Chi è interessato negli studi sulla complessità applicati al paesaggio può trovare alcui interessanti spunti da queste "Spatial Complexity Lectures" di Michael Batty
2011-10-10
Interstitial #9. City borders. Pictures from the suburban Milano.
A message from the afterlife and a massage from the past
I'm not sure if my Internet good friend Mike Chisholm was including me in his resurrection post focusing on the blogs' blight but I suspect that for the usual parameters this blog may actually be dead. Instead, not to reassure anybody, it is not. To be honest I find that the migration of compulsive blog followers to other shores (facebook above all) is somewhat a liberation. Several times I felt guilty to not post enough but as I see it now it's only because it takes time, and a lot of effort to say something that i feel strongly enough.In the meanwhile my researches on paths, trails and roads took me to the medieval pilgrimages and in the detail that of the "Camino de Santiago". It is a bit early to say something that has not been said upon though. Mainly what fascinates me there is the spread of visual resemblances along the various routes, and the related issue of how visual cognition is transmitted among us. The idea that I started to caress is that a trail may also be considered a visual media, a very ancient one that, perhaps, we even share with other species. This idea was reinforced by a personal revival I had for Herbert Marshall McLuhan's "The media is the massage" in particular I've found these youtube videos: part1 and part2 that I think maybe of interest to anyone who's engaged in understanding the current state of things in visual, and not only, media. An other interesting suggestion came from this post that I've found that describes a tradition in molding trees along pathways walked by American Aboriginal peoples.
As an aside consideration a thing that amazed me is McLuhan's prediction of the "easternalization" of the western culture that he viewed as a consequence of the diffusion of the electronic devices (or "electric" given the zeitgeist he was in). His general idea was that the spread of "electric" devices would led, as a consequence, to the lost of the western obsession with the identitarian ego as opposed to a "into the flow" perception of the self that, he says, characterizes the eastern culture.
Un messaggio dall'aldilà e un massaggio dal passato
Non sono sicuro se il mio buon amico Internet Mike Chisholm mi abbia incluso nel suo post sulla moria dei blog ma ho il sospetto che in base ad alcuni parametri questo blog possa considersi morto. Invece, non per rassicurare alcuno, non lo è. Per essere onesto trovo che la migrazione verso altre spiagge (facebook sopratutto) dei seguitori compulsivi di blog sia una liberazione. Spesso mi sono sentito in colpa di non "postare" a sufficienza ma per come la vedo ora è solo perchè ci vuole tempo e un sacco di sforzi per dire qualcosa che senta con sufficiente intensità. Nel frattempo la mia ricerca sui cammini, sentieri e strade mi ha portato ai pellegrinaggi medioevali e nel dettaglio sul "Cammino di Santiago". È tuttavia presto per dire qualcosa che non sia già stato detto in merito. Quello che mi affascina in tutto ciò è lo spargersi delle assomiglianze lungo le diverse strade e l'argomento relativo di come la cognizione visiva venga trasmessa tra di noi. L'idea che ho iniziato a carezzare è che un cammino possa anche essere considerato un media, uno molto antico che, forse, condividiamo anche con altre specie. L'idea è stata rinfrozata da un revival personale che ho avuto per McLuhan e il suo "Il media è il massaggio" e in particolare ho trovato questi video su youtube: "parte 1" e "parte 2" che penso possano essere d'interesse per chi sia impegnato a capire lo stato delle cose nei media visivi e non solo. Una altra interessante suggestione è venuta da questo post che descrive la tradizione di modellare le piante lungo i percorsi di alcuni Aborigeni Americani.Come considerazione a lato quello che mi ha stupito è la predizione di McLuhan circa l'orientalizzazione della cultura occidentale che egli ha visto come conseguenza della diffuzione dei dispositivi elettronici (o elettrici dato lo spirito dei tempi in cui era immerso). L'idea generale è che il diffondersi di dispositivi "elettrici" avrebbe portato, come conseguenza, alla perdita della ossessione occidentale incentrata sull'ego identitario opposta a quella orientale che è, lui dice, caratterizzata da una percezione del sè inserita nel flusso.
2011-08-14
Landscape machines. Paths for the rescue.
Landscape machines
Each time we approach a place, for whatever reason, some decision has to be taken on how to face or traverse it. Many times we decide to follow a predefined path planned by someone else. The path, freely chosen or not, will influence our representation of the place in both the intensional and extensional planes. The ambiguity of the participant's experience is the main obstacle in achieving such a thing. Historically the problem has been eluded either imposing a strict set of choices among the many possible paths either by the aid of some social constraints.A case worth studying are the places where the paths have been planned in a way to achieve some kind of aesthetic experience in the participant. It is the case of the gardens, of the Palladio's villas and, to get to our times, land art and landscape design.
So what I named a "landscape machine" is a place, shaped in a way to generate a controlled succession of views and emotions.
An historical attempt in building up a "landscape machine", albeit not strictly intentional in all the above aspects, is that of the "Sacri Monti" (literally sacred mountains). They were built in middle mountain areas of Lombardy and Piedmont between 1500 and 1700. In those places the architect, that frequently was also a religious, attempted to use the space and aesthetic experience of the participant so to achieve a strong religious feeling (landscapes of faith so to say).
A "Sacro Monte" is generally made of several stations, each one has a statuary set up depicting an episode of Christ's or Mary's life. Each station was connected with the other ones with a bordered, delimited, path. In the first realizations the path was merely a protected connection. Progressively it evolved in a succession of curves and ascents obtained by the remake of the hosting hillside, conducting the participant till the last station. The the epilogue may vary upon the main character: the Ascension in Christ's case or the Assumption in Mary's case.
The complex was aimed in reminding to the participant the fatigue, the pain needed to achieve the final reward (uphill) in the forthcoming afterlife. Each station is also a place offering a rest for the body, for the “soul” and for the eyes. Opening to a larger view of the surrounding country and offering a delicate architectural composition made of openings and closures. The positioning of the curves along the path creates a liminal transition from a station to the next, preparing the mood for the forthcoming revelation.
Along the connections with each station and from the stations themselves, statues and artifacts, carefully positioned, constrain the gaze with the aid of a clever use of the perspective axioms.
Interestingly if the "Sacri monti" were built as a path for the rescue of the soul, the "Ospedale Morelli, ex Villaggio Sanatoriale (formerly) Benito Mussolini" was also conceived as a set of trails for the rescue and restoration of the body, and, not last, the formation of the new Italians, an attempt that in the thirties and twenties fascism was at.
The cure for tuberculosis, before the pills age, was thought to require an alternation of rest and activities mainly made of short walks and breathing good air. The duration of the treatment, frequently more than six months, allowed, in the patient, the formation of a daily ritual related to the new place and its representation. The exceptional condition of the experience did favor the detachment from the everyday geography to form a new one albeit only for the time of the cure. The place has been the subject of a movie by Vittorio De Sica "La breve vacanza" (the short vacancy) that tells the story of a love grown in this sort of vacancy of the spirit.
The new Italian , instead, confronted itself with the metaphysic idea of the industrious city and a life of ordered labor, represented in various forms and parts of the complex. The epilogue was that while the fight against tuberculosis was, in many cases, successful, that of forming the new Italians was instead a deadly failure. Tuberculosis was finally eradicated by the antibiotics, in the sixties, making sanatoriums obsolete. The new Italians, instead, became obsolete long before.
But to close down I think it may be useful to present a case where the landscape machine has been derived, instead of being given. While in the case of the "Sacri Monti" or the "Villaggio Sanatoriale" the setups were realized top down, a priori so to say, here the trail was made bottom up by the frequent use and number of the walkers. The number and frequency of the visits creates a sort of social constraint incorporated in to the trail.
It is the case described in this post by Mark Meyer where he depicts a sort of ritual, in approaching a frequently pictured landscape subject. A path going from the parking lot to the exact same view point some photographers of fame took a shot of the same thing. It comes clear how the whole setup, parking lot included, progressively grew to accommodate more and more people looking for a photographic inspiration from a notorious subject.
The path walk, the ritual, in this case, is aimed at an other kind of salvation, that of the happiness in vacation and photography, unfortunately, I suspect, it is also a good starting point for a holiday blues.
Macchine paesaggistiche
Ogni volta che ci avviciniamo a un luogo, per qualsiasi motivo, dobbiamo prendere una qualche decisione su come affrontarlo o attraversarlo. Spesso si decide di seguire un percorso predefinito progettato da qualcun altro. Il percorso, scelto liberamente o meno, influenzerà la nostra rappresentazione del luogo sia sul piano intensionale sia su quello estensionale. La soggettività dell'esperienza del partecipante è il principale ostacolo da affrontare in questi casi. Storicamente il problema è stato eluso sia imponendo una rigida serie di scelte tra i molti percorsi possibili sia con l'ausilio di alcuni vincoli sociali. Un caso da studiare sono i luoghi dove i percorsi sono stati progettati in modo da raggiungere un qualche tipo di esperienza estetica del partecipante. E' il caso dei giardini sei/settecenteschi, delle ville del Palladio e, per arrivare ai nostri tempi, la land art e la costruzione del paesaggio.Quindi quello che ho chiamato una "macchina paesaggistica" è un luogo, formato in modo tale da favorire la generazione di una successione controllata di vedute e di emozioni.
Un tentativo storico nella costruzione di una "macchina paesaggistica", anche se non strettamente intenzionale in tutti gli aspetti di cui sopra, è quello dei "Sacri Monti", costruiti in zone di media montagna della Lombardia e del Piemonte tra il 1500 e il 1700. In quei luoghi l'architetto, che spesso era anche un religioso, ha cercato di utilizzare lo spazio e l'esperienza estetica del partecipante in modo da ottenere un forte sentimento religioso (per generare paesaggi della fede, per così dire).
Un "Sacro Monte" è generalmente composto di diverse stazioni, ognuna delle quali dispone di un insieme statuario raffigurante un episodio della vita di Cristo o di Maria. Ogni stazione è collegata con le altre da un percorso delimitato. Nelle prime realizzazioni il percorso era semplicemente una connessione protetta. Progressivamente si è evoluto in un susseguirsi di curve e salite ottenute ricostruendo la collina ospite fino a condurre il partecipante all'ultima stazione. L'epilogo può variare in base alle personaggio principale: Ascensione nel caso di Cristo o l'Assunzione nel caso di Maria.
Il complesso è stato finalizzato nel ricordare al partecipante la fatica, il dolore necessario per ottenere la ricompensa finale (in salita) nel dopo vita terreno. Ogni stazione è anche un luogo che offre un riposo per il corpo, per l '"anima" e per gli occhi anche tramite l'apertura a una veduta sul paese circostante accompagnata da una delicata composizione architettonica di aperti e chiusi. Il posizionamento delle curve lungo il percorso crea una transizione liminale da una stazione all'altra, preparando l'atmosfera per la prossima rivelazione.
Lungo i collegamenti con tutte le stazioni e nelle stazioni stesse, statue e manufatti accuratamente posizionati costringono lo sguardo con l'aiuto di un abile uso degli assiomi della prospettiva.
Interessante notare che se i "Sacri Monti" sono stati costruiti come un percorso salvifico per l'anima, lo "Ospedale Morelli, ex Villaggio Sanatoriale (ex) Benito Mussolini" è stato concepito come un insieme di percorsi per il salvataggio e la ricostituzione del corpo, e, non ultimo, la formazione dei nuovi italiani, un tentativo che negli anni trenta e venti fu al centro degli interessi del fascismo.
La cura per la tubercolosi, prima dell'età delle pillole, è stata pensata per richiedere un alternanza di riposo e di attività, consistente, principalmente, in brevi passeggiate respirando aria buona ed esposizione alla stessa, a rigoroso riposo. La durata del trattamento, spesso più di sei mesi, ha consentito, nel paziente, la formazione di un rituale quotidiano legato alla nuova sede e la sua rappresentazione. L'eccezionalità dell'esperienza ha favorito il distacco dalla geografia di tutti i giorni per formarne una nuova anche se solo per il tempo della cura. Il luogo è stato oggetto di un film di Vittorio De Sica "La breve vacanza" che racconta la storia di un amore cresciuto in questo tipo di vacanza dello spirito.
Il nuovo italiano, invece, fu messo a confronto con l'idea metafisica della città operosa e una vita di lavoro ordinato, rappresentato in varie forme e parti del complesso. L'epilogo fu che, mentre la lotta contro la tubercolosi è stata, in molti casi, di successo, quella di formare i nuovi italiani è stato invece un fallimento mortale. La tubercolosi è stata finalmente debellata dagli antibiotici, negli anni sessanta, rendendo obsoleti i sanatori. I nuovi italiani, invece, diventarono obsoleti molto prima.
Per chiudere penso possa essere utile presentare un caso dove la "landscape machine" è stata derivata, piuttosto che data. Mentre nel caso dei Sacri Monti o del Villaggio Sanatoriale gli scenari vennero realizzati top down, a priori per così dire, il sentiero, qui, è stato fatto dall'uso frequente e dal numero dei camminatori. In questo caso la frequenza e il numero delle visite ha creato un vincolo sociale incorporato nel sentiero.
E' il caso affrontato in questo post dove Mark Meyer descrive una sorta di rituale nell'approcciare un soggetto paesaggistico ritratto soventemente. Un cammino che va dal parcheggio fino allo stesso punto in cui alcuni fotografi famosi hanno tratto, dalla medesima veduta, fotografie divenute oggetti artistici. E' chiaro che l'intera scenografia, parcheggio incluso, è cresciuta progressivamente per accomodare sempre più gente alla ricerca di ispirazioni fotografiche da un soggetto noto.
Il cammino, il rituale, in questo caso è orientato ad altra salvazione, quella della felicità in vacanza e in fotografia, sfortunatamente, io sospetto che sia anche un buon punto di partenza per una depressione da vacanze.
2011-07-21
Metaphysics in the Alps
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Architecture photography stricto sensu has many rules and mainly is based on the architect and/or the commissioner interpretation, both dictates what is a viable depiction of the building. The Alinari's practice to send out photographers with included shooting instructions is an illuminating, historical, example. But more and more, and certainly Internet has its merits, we encounter photographic artifacts that are about the built environment that instead of being commissioned are simply taken as documents of a personal experience from very subjective POVs. Is this a less valuable documentation ? I'm not sure, in my view it is simply a different form of documentation, a pole of the bi partion suggested by Marc Augè in his "An Anthropology for Contemporaneous Worlds" between official and non official documentation.
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Anyway while I was googling for some subjects during the last December I found a reference to a study about an architectural complex -- I will get back to this in some next post -- that matched almost perfectly with my visual interests and has always been present, albeit in its hospital function, in my youth while living in Valtellina (Sondrio province, Italy). It is located not far from where my parents live in the Alps.
I was considering how to approach it when I had the opportunity to meet Professor Luisa Bonesio a philosopher that has an interesting line of thought about landscape, perhaps one of the few in Italy, hers site is here. One of the most amazing things is that we share some commonalities in picturing the complex, a thing worth investigating. Certainly the complex is a powerful landscape machine. Luisa is in charge of a small team of volunteers -- Terraceleste -- that are making the complex known and appreciated as an art masterpiece and cultural heritage, a rather heroic effort. She gave me a general view of the site and its location in the context of the Italian architecture, starting from 1920 till 1938 and including, among the many, the "Metaphysics" and "Futurist" influences, clearly appreciable, I hope, in the slideshow. Thanks to its patience and courtesy, I'm aware to be the nearest thing next to an alien in the academic world, I had the opportunity to conduct a small workshop about the photographic lecture of the complex to be held the 24 of July.
The slideshow is about a fraction of the complex (I have inserted a large view of the place at the beginning) and the covered area is the one in focus during the workshop. The workshop is part of a set of guided visits held by Luisa and a group of architects, agronomists and an art historian this summer in the "Ospedale Morelli ex Villaggio Sanatoriale" located in Sondalo Italy here is a link with the complete programme.
The workshop will focus on how the complex could be photographed or has been photographed so it is not even required to carry a camera. A disposition for visual experiments may be of use.
Metafisica nelle Alpi
La fotografia di architettura in senso stretto ha molte regole e in genere è basata sulla intepretazione dell'architetto o del committente, entrambi stabiliscono quale sia una illustrazione viabile dell'edificio. La pratica degli Alinari di spedire il fotografo con istruzioni di ripresa incluse ne è un illuminante esempio storico. Ma sempre di più, e certamente Internet ha i suoi meriti, si incontrano manufatti fotografici che invece di essere commissionati sono semplicemente presi come documenti di una esperienza individuale da punti di vista decisamente soggettivi. Forse questa è una documentazione di minor valore ? Non ne sono sicuro, dal mio punto di vista è semplicemente una forma diversa di documentazione, un polo della bipartizione operata da Marc Augè nel suo "Storie del presente" tra documentazione ufficiale e non.Ad ogni modo, lo scorso Dicembre stavo facendo ricerche su alcuni possibili soggetti su google e ho trovato delle referenze ad uno studio su un complesso architettonico, su cui tornerò in un prossimo post, che coincideva perfettamente con i miei interessi visivi e che è sempre stato presente, seppure nella sua funzione di ospedale, in tutta la mia infanzia valtellinese. Non è molto lontano da dove abitano i miei genitori, nelle Alpi.
Stavo considerando dei criteri di approccio quando ho avuto l'opportunità di incontrare la Professoressa Luisa Bonesio, una filosofa che ha una interessante linea di pensiero sul paesaggio, quasi unica in Italia. Il suo sito è qui. La cosa più divertente è che condividiamo alcune comunanze nel rappresentare il complesso, una cosa che vale la pena di investigare. Luisa è a capo dell'Associazione culturale Terraceleste, un gruppo di volontari che sta facendo conoscere ed apprezzare il complesso in quanto capolavoro artistico ed eredità culturale. Mi ha fornito una visione generale del sito e la sua collocazione nel contesto dell'architettura Italiana, a partire dal 1920 fino al 1938 incluse, tra le molte, le influenze "Metafisiche" e "Futuriste" che spero siano apprezzabili nello slideshow. Grazie alla sua pazienza e cortesia, sono consapevole di essere la cosa più vicina ad un alieno per un accademico, ho avuto l'opportunità di condurre un piccolo workshop sulla lettura fotografica del complesso che si terrà il 24 Luglio alle 14.30 (punto di raccolta per i partecipanti presso l'ufficio ProLoco di Sondalo). Qui trovate il programma completo.
Lo slideshow riguarda una piccola parte del complesso (di cui ho inserito una vista "larga" all'inizio) e lo spazio coperto è quello oggetto del workshop. Il workshop è parte di un insieme di visite guidate che Luisa e un gruppo di architetti, agronomi e uno storico dell'arte terranno in questa estate nell'Ospedale Morelli ex Villaggio Sanatoriale.
Il workshop si focalizzerà su come si possa fotografare e come è stato fotografato il complesso così non è neppure necessario portare una macchina fotografica. Una disposizione per gli esperimenti visivi potrà essere d'aiuto.
2011-05-11
2011-05-03
Rites of passage #15 ... New topographies south Milan
Click the images to enlarge
Click here To browse the entire "Rites of passage" seriesLandscape and architecture photography
Recently, due to a partial self assignment, I've been considering the role a photographer may have in a group of specialists trying to enhance the evaluation of architectures from the recent past.Most of the technical literature on architecture photography seems to situate the role in an ancillary position, one that is to follow, with some genre of fidelity, the intentions of the designer.
The photographer's creativity comes in exclusively as a device to make compelling pictures of the given viewpoints. The short breath of this indication comes clear when the designer is not available anymore and the documentation left, as it is getting more and more the case, partly due to the role subdivision in carrying out the job, is restricted to the project, designs and models of the work and its photographic illustration leaving very little to the initial intentions and goals, except for the functional ones.
And then there is a second not less important question. The need for a commanded photographer is getting less and less mandatory given the, apparent, selfishness of the modern digital photo boxes. As a consequence the presence of photographers, specialized as such, in teams focusing on visual knowledge, is marginal.
Fotografia di paesaggio e architettura
Recentemente, a seguito di un parziale autoassegnamento, ho cercato di immaginare il ruolo che un fotografo potrebbe avere in un gruppo di specialisti focalizzati nella rivalutazione di architetture del passato recente.La maggior parte della letteratura tecnica sulla fotografia di architettura sembra situarsi in una posizione ancillare, che è di seguire, con una qualche fedeltà, le intenzioni del designer. La scarsa portata di questa indicazione diventa chiara se i designer non è più disponibile e la documentazione disponibile, come succede sempre più spesso, in parte per la suddivisione dei ruoli nella conduzione dell'opera, si restringe al progetto, i disegni e i modelli del lavoro e della sua illustrazione fotografica lasciando poco o nulla sulle intenzioni e gli obiettivi ad eccezione di quelli funzionali.
Un secondo problema è dato dalla apparente autonomia delle scatole digitali moderne. Come conseguenza la presenza di fotografi, specializzati in quanto tali in team che focalizzino sulla conoscenza visiva è marginale.
2011-04-23
Trainscape #6. Spring
This April has been quite busy. This year we had, here in north Italy, an unusually high temperature raise in the beginning of the month causing an intense but short blooming period. I'm not exactly the flower photographer type but this year I had a book project fitting in the blooming season of the wild cherry tree (Prunus avium). This took almost all of my photographic time. These vagaries of climate change have the interesting, but a bit distressing, side effect to emphasize the uniqueness of a landscape in each moment.
Questo aprile è stato molto indaffarato. Qui nel nord Italia un innalzamento inusuale della temperatura ha causato un intenso ma breve periodo di fioritura. Non sono esattamente un tipico fotografo di fiori ma quest'anno avevo un progetto di libro appoggiato sulla stagione di fioritura del ciliegio selvatico (Prunus avium) che si è preso quasi tutto il mio tempo fotografico. Questi capricci da cambio climatico hanno l'interessante, ma un po preoccupante, effetto collaterale di enfatizzare l'unicità di un paesaggio in ogni momento.
2011-04-11
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